Percorso della mostra

 

La mostra "Ai crinali della storia. Padre Matteo Ricci (1552-1610) fra Roma e Pechino" vuole celebrare, e ricordare, i 400 anni della morte di Matteo Ricci, il padre  gesuita morto a Pachino l'11 maggio 1610 e lì sepolto nella Città proibita: unico occidentale a poter vantare questo privilegio. La sua tomba è ancora oggi visibile ed onorata nella capitale cinese. All'ingresso della mostra, una riproduzione esatta della statua bronzea che campeggia dinnanzi alla cattedrale cattolica di Pechino, accoglie i visitatori.


Matteo Ricci era nato a Macerata il 6 ottobre 1552. Dopo aver seguito i primi studi presso le scuole che i Gesuiti avevano aperto nella sua città,  giunse a Roma per seguire gli studi giuridici presso l'Università della Sapienza. Ma dopo solo due anni, abbandonati gli studi di legge, decise di entrare nella Compagnia di Gesù. La mostra ci offre un emozionante documento che reca la firma autografa del futuro gesuita: il verbale dell'esame per l'ammissione nel Noviziato, in cui il giovane Matteo si impegna, tra l'altro, "a fare quanto dall'obedienzia li sarà ordinato". E' il 15 agosto 1571 e il giovane Matteo entra nella casa di formazione dell'Ordine, posta accanto alla chiesa di Sant'Andrea al Quirinale, non ancora trasformata da Giovan Lorenzo Bernini in quello splendido gioiello del barocco romano.


Un lungo viaggio che parte da Macerata, evocata dalle statue lignee, raffiguranti la Vergine con il Bambino, un Angelo e i tre Magi, che mossi da un meccanismo, apparivano in successione sulla torre dell'orologio civico. Chissà quante volte il piccolo Matteo, passando per la piazza, si sarà fermato stupito ad ammirare il succedersi degli automi che segnavano lo scorrere delle ore. Primo contatto curioso che si trasformerà in maestria con gli strumenti scientifici, e in particolare con quelli che segnavano il tempo che tanto impressioneranno l'imperatore Wanli. Da Macerata a Roma, la città dei Papi, è infatti sezione che apre la mostra. Sono propri i ritratti dei pontefici che accompagnarono la vita del gesuita marchigiano a identificare la tappa romana. Da Pio V, il santo pontefice che promosse la grande alleanza tra le potenze cattoliche che produsse la vittoria di Lepanto, proprio nel 1571, ricordata in mostra dalla celebre tela di Paolo Veronese, gentilmente prestata dalle veneziane Gallerie dell'Accademia, fino a Paolo V, che nel 1610, anno della morte di Ricci, faceva completare la facciata della nuova basilica vaticana.


Era l'anno 1571: Matteo Ricci entrava, come detto, nella Compagnia di Gesù, il nuovo Ordine religioso fondato da Ignazio da Loyola meno di trent'anni prima, e subito pervaso, soprattutto sulla spinta di uno dei suoi primi compagni, Francesco Saverio, dell'ardore missionario, soprattutto verso l'Estremo Oriente, dove ancora l'annuncio evangelico non aveva patria.


In questa seconda sezione è ricordata la fondazione dell'Ordine, con un dipinto proveniente dalla Chiesa del Gesù a Roma, con i ritratti dei due santi, Ignazio e Francesco Saverio, già attribuiti alla scuola di Van Dych, dei Musei Vaticani insieme al celebre ritratto del fondatore di Iacopino del Conte e, soprattutto, con uno dei capolavori di Peter Paul Rubens raffigurante un miracolo di sant'Ignazio, una grande tela proveniente dalla Chiesa del Gesù di Genova, collocato su un ricostruito altare romano, ideato dalla maestria di Pier Luigi Pizzi, così come tutte le scenografie e gli apparati della mostra.

 

Finalmente, dopo alcuni anni di studi presso il prestigioso Collegio Romano, non ancora ordinato sacerdote, Ricci parte per Lisbona nel 1577, destinato alle missioni d'Oriente. Il 24 marzo 1578, dopo lunghi mesi di attesa, si imbarca per raggiungere Goa, allora possedimento portoghese, dopo oltre cinque mesi di navigazione.Il viaggio è evocato in  mostra è  di un artistico modello d'epoca di galeone, il tipo di nave su  cui egli compì il viaggio, prestato dal Museo dell'Università di Bologna.      


Nel 1582 riceve l'ordine di recarsi a Macao per coadiuvare il padre Michele Ruggeri, con il quale, entrato finalmente in Cina, fonda la prima residenza gesuita a Zhaoqing.

Inizia la grande avventura scientifica e missionaria di Matteo Ricci in Cina, ancora oggi una delle figure occidentali più conosciute e rispettate dal popolo cinese. Reca con se, oltre allaga incrollabile fede e l'ardore missionario di comunicare a tutti la Buona Novella di Cristo, una serie di strumenti scientifici, che aveva imparato a conoscere e fabbricare seguendo gli studi, nel Collegio Romano, del grande matematico gesuita Cristoforo Clavio, chiamato da Gregorio XIII a riformare il calendario, e molte immagini religiose, alcune destinate in dono allo stesso Wanli, tra cui una copia della venerata icona della "Salus Populi Romani", di cui in mostra si espone una copia coeva: insieme ad una interpretazione cinese della stessa epoca, proveniente dal Field Museum di Chicago.


L'interesse per la scienza, che doveva aprire a Ricci le porte della Città Proibita a Pechino, è documentato da una eccezionale raccolta di strumenti scientifici, provenienti da diversi musei e collezioni, tra cui l'Isituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze ed una raccolta privata aretina, che presentano uno eccezionale spaccato sulla tecnologia astronomica e di misurazione del tempo che Matteo Ricci introdusse in Cina, accanto ad una raccolta di antiche raffigurazione e mappe della Cina. Una sorte di mostra nella mostra, realizzata con l'insostituibile contributo del Centro Studi Martino Martini di Trento.


Dopo questa terza sezione, la mostra prosegue nel piano superiore del Braccio di Carlo Magno, portando il visitatore direttamente in Cina. Vi esposto anche un reperto eccezionale: si tratta di una matrice lignea, in caratteri cinesi, inviata da Matteo Ricci come bozza di una lettera che Sisto V avrebbe dovuto inviare all'imperatore cinese, oggi conservata nella Bibliothèque Nationale a Parigi.



Con il contributo di opere prestate dal vaticano Museo Missionario Etnologico e dal Museo Nazionale Orientale di Roma insieme a diversi reperti e opere provenienti da altre istituzioni, come la Biblioteca Universitaria di Genova, l'Istituto Geografico Nazionale di Roma, il Museo d'Arte cinese di Parma (con due splendidi acquerelli di epoca Ming), dall'Archivio della Compagnia di Gesù a Roma, dalla Biblioteca Apostolica Vaticana. Oltre ad oggetti e riproduzioni (spettacolare il modello del Tempio del Cielo di Pechino) che  ricreano l'atmosfera e la vita respirata in Cina da Ricci, soprattutto sotto l'aspetto culturale e religioso. Sono esposte in questa sezione anche diverse sue opere autografe e testi da lui stampati in Cina, a testimoniare il grande sforzo ed impegno di scambi e di incontri, che segnò l'inizio di un nuovo modello di evangelizzazione iniziato da Matteo Ricci e proseguito dai suoi compagni e successori.


E' questo il tema dell'ultima sezione dedicata alla "eredità" di padre Matteo Ricci; una eredità che giunta sino a noi, chiamata inculturazione, cioè la comprensione e la recezione di usi e tradizioni delle comunità indigene nell'opera di evangelizzazione. Vi sono esposti diversi rotoli moderni con immagini religiose e piatti in ceramica con scene della Passione di Cristo, oggetti liturgici e testi religiosi. Il celebre dipinto di Emanuele Yu Wen-Hui, detto Pereira, un suo convertito che aveva appreso a dipingere all'uso occidentale, realizzato a Pechino e poi inviasto a Roma, forse in occasione della morte del padre gesuita, raffigurante Matteo Ricci saluta i visitatori al termine della mostra, che avranno potuto ammirare anche l'altro ritratto, attribuito al grande pittore romano Andrea Sacchi, che raffigura Li Madou (come i cinesi chiamavano Ricci) al suo tavolo di lavoro intento a scrivere.


La mostra celebrativa di padre Matteo Ricci è la prima manifestazione espositiva che il Comitato Promotore  per le celebrazioni per il IV centenario della morte del p. Matteo Ricci offre ai visitatori per ricordare "il grande saggio dell'Occidente" e l'appassionato annunciatore del messaggio evangelico.


Giovanni Morello

 

Percorso della mostra